La messa alla prova nei reati di spaccio di lieve entità: la svolta della Corte Costituzionale n. 90/2025

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La messa alla prova nei reati di spaccio di lieve entità: la svolta della Corte Costituzionale n. 90/2025

La messa alla prova nei reati di spaccio di lieve entità: la svolta della Corte Costituzionale n. 90/2025

Inquadramento normativo: spaccio lieve e disciplina applicabile

Il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità è disciplinato dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990, che prevede una cornice edittale più tenue rispetto alla fattispecie ordinaria. Si tratta di una figura autonoma di reato, caratterizzata da una ridotta offensività, destinata a colpire condotte marginali spesso riconducibili a contesti di disagio sociale.

Con la sentenza n. 90/2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, comma 1, c.p., nella parte in cui escludeva la sospensione del procedimento con messa alla prova per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990.

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Il limite oggettivo alla messa alla prova (MAP) e la questione sollevata

L’istituto della messa alla prova (MAP) è ammesso solo per reati puniti con la pena edittale massima non superiore a quattro anni, oppure per quelli indicati nell’art. 550, comma 2, c.p.p.

Tuttavia, l’art. 4, comma 3, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123 (“decreto Caivano”), convertito nella legge 13 novembre 2023, n. 159, ha innalzato il massimo edittale per il reato di spaccio lieve da quattro a cinque anni. Ciò ha precluso, di fatto, l’accesso alla MAP per questo reato, nonostante la finalità punitiva della riforma fosse indirizzata alla “criminalità dei minori”.

Le ordinanze di rimessione: Padova e Bolzano denunciano l’irragionevolezza

Il Tribunale di Padova (ord. 24 maggio 2024, r.o. n. 149/2024) e il Tribunale di Bolzano (ord. 17 luglio 2024, r.o. n. 194/2024) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento:

  • all’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di trattamento rispetto ad altri reati più gravi ma ammessi alla MAP (come l’istigazione all’uso di stupefacenti, art. 82, co. 1, DPR 309/1990);

  • all’art. 27, co. 3 Cost., perché l’esclusione ostacolava la finalità rieducativa della pena, negando all’imputato la possibilità di un percorso risocializzante.

I giudici rimettenti hanno evidenziato che il piccolo spaccio è espressione di una criminalità marginale, spesso connessa a situazioni personali e sociali fragili, e che la MAP risponde in modo particolarmente adeguato alle esigenze di reinserimento.

Omogeneità tra fattispecie penali e finalità costituzionali

La Corte ha riconosciuto che il reato di piccolo spaccio e quello di istigazione all’uso di stupefacenti tutelano lo stesso bene giuridico (la salute pubblica) e sono entrambi reati di pericolo astratto, caratterizzati da un disvalore contenuto.

Pur avendo l’istigazione una pena edittale superiore (fino a sei anni), essa è ammessa alla MAP grazie al richiamo operato dall’art. 168-bis c.p. all’art. 550, co. 2, c.p.p.

La mancata inclusione del piccolo spaccio nella MAP ha dunque prodotto una disparità di trattamento irragionevole, rovesciando la scala di gravità fra due reati sostanzialmente omogenei.

La Corte: no a modifiche processuali sproporzionate, sì all’estensione mirata della MAP

I rimettenti avevano chiesto una pronuncia additiva anche sull’art. 550, co. 2, c.p.p., per consentire la citazione diretta a giudizio. La Corte ha ritenuto inammissibile tale estensione, poiché avrebbe inciso in modo sproporzionato sull’equilibrio processuale.

Ha invece accolto, in via più limitata e coerente, la questione relativa all’art. 168-bis c.p., ampliando l’accesso alla messa alla prova anche al reato previsto dall’art. 73, co. 5, D.P.R. 309/1990.

La natura rieducativa e deflattiva della MAP

La messa alla prova, come confermato anche dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022):

  • ha una funzione rieducativa, perché favorisce la risocializzazione dell’imputato attraverso un programma trattamentale;

  • ha una componente sanzionatoria, poiché comporta obblighi, controlli e prestazioni socialmente utili;

  • produce un effetto deflattivo, alleggerendo il carico dei processi penali.

Escludere il piccolo spaccio, privo di un disvalore marcato, risultava incoerente con queste finalità.

La decisione della Corte Costituzionale n. 90/2025

La sentenza ha stabilito che:

  • è costituzionalmente illegittimo l’art. 168-bis, comma 1, c.p., nella parte in cui esclude la MAP per il reato di spaccio lieve;

  • sono inammissibili le questioni relative all’art. 550, co. 2, c.p.p. e all’art. 73, co. 5, D.P.R. 309/1990, per difetto di rilevanza diretta;

  • è infondata la censura sull’art. 4, co. 3, D.L. 123/2023 in riferimento all’art. 77, co. 2 Cost., poiché l’innalzamento del massimo edittale è stato ritenuto coerente con la finalità di contrasto alla criminalità giovanile.

Implicazioni pratiche per la difesa penale

La sentenza apre nuove prospettive difensive:

  • possibilità di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova per imputati di spaccio lieve, anche in caso di recidiva meno grave;

  • valorizzazione di percorsi risocializzanti in favore di soggetti giovani, marginali o incensurati;

  • maggiore coerenza e proporzionalità del sistema sanzionatorio.

‍⚖️ L’assistenza penale specializzata potrà ora valutare più agevolmente la richiesta di MAP, presentando programmi concreti di reinserimento sociale.

Conclusioni

Con la sentenza n. 90/2025, la Corte Costituzionale ha ripristinato un equilibrio tra severità punitiva e funzione rieducativa, riconoscendo anche al piccolo spaccio la possibilità di accesso alla messa alla prova.
Un passo verso una giustizia più proporzionata, efficace e attenta alla dignità della persona.

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