Nuovo pronunciamento riguardo al diritto al silenzio e alle domande sulle qualità personali dell’imputato

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L'illegittimità costituzionale dell'art. 64 c. 3 c.p.p. e dell'art. 495 c. 1 c.p. riguardo al diritto al silenzio e alle domande sulle qualità personali dell'imputato

La protezione del diritto al silenzio e le implicazioni sulla tutela dell’imputato. Illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 3 e dell’art. 495, primo comma, del codice penale.

Secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 111/2023), il diritto al silenzio si applica ogni volta che l’autorità competente, nell’ambito di un procedimento o di un processo penale, pone domande alla persona sospettata o imputata che, pur non riguardando direttamente il fatto di reato, potrebbero essere utilizzate contro di essa o avere un impatto sulla condanna o sulla sanzione.

In merito alla recente pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 111/2023), che ha dichiarato parzialmente illegittimi l’art. 64, comma 3, del codice di procedura penale e l’art. 495, primo comma, del codice penale, riguardo al diritto al silenzio e alle domande sulle qualità personali dell’imputato, desidero informare i lettori sulle implicazioni di tale decisione e sottolineare l’importanza della tutela dei diritti dell’imputato.

Nel caso in questione, il Tribunale di Firenze si è trovato a dover affrontare la responsabilità penale di un imputato per il reato di false dichiarazioni riguardanti la propria identità o le proprie qualità personali.

“Il Tribunale ordinario di Firenze, sezione prima penale, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 495 del codice penale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, «nella parte in cui si applica alle false dichiarazioni rese nell’ambito di un procedimento penale dalla persona sottoposta ad indagini o imputata in relazione ai propri precedenti penali e in generale in relazione alle circostanze indicate nell’art. 21 disp. att. c.p.p.»”.

Durante l’identificazione presso la Questura, l’imputato aveva dichiarato di non aver subito condanne precedenti senza essere preventivamente avvertito del diritto di non rispondere.

In seguito, è emerso che tale affermazione era falsa, in quanto l’imputato era stato condannato due volte in via definitiva.

La pronunzia della sentenza della Corte Costituzionale n. 111/2023

Il Tribunale, considerando l’interpretazione del codice di procedura penale data dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha sollevato la questione di compatibilità di tale disciplina con il diritto al silenzio, riconosciuto dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Pertanto, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla conformità di tali disposizioni alla dimensione costituzionale del diritto al silenzio, che costituisce parte integrante del diritto di difesa.

Di seguito la pronuncia della Corte Costituzionale , in cui

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che gli avvertimenti ivi indicati siano rivolti alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato prima che vengano loro richieste le informazioni di cui all’art. 21 delle Norme di attuazione del codice di procedura penale;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 495, primo comma, del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato che, richiesti di fornire le informazioni indicate nell’art. 21 norme att. cod. proc. pen. senza che siano stati loro previamente formulati gli avvertimenti di cui all’art. 64, comma 3, cod. proc. pen., abbiano reso false dichiarazioni;

3) dichiara non fondate le ulteriori questioni di legittimità costituzionale dello stesso art. 495 cod. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione prima penale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Nella sentenza odierna, la Consulta ha ritenuto che il diritto al silenzio si applichi ogni volta che l’autorità competente, nell’ambito di un procedimento o di un processo penale, ponga domande alla persona sospettata o imputata che, pur non riguardando direttamente il fatto di reato, potrebbero essere utilizzate contro di essa o avere un impatto sulla condanna o sulla sanzione.

È il caso delle domande relative alle circostanze personali indicate nell’art. 21 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, come ad esempio la presenza di soprannomi, le condizioni patrimoniali, familiari e sociali, l’esercizio di uffici pubblici o servizi di pubblica necessità, eventuali condanne penali pregresse, e così via.

Il diritto al silenzio si applica ogni volta che l’autorità competente, nell’ambito di un procedimento o di un processo penale, pone domande alla persona sospettata o imputata che, pur non riguardando direttamente il fatto di reato, potrebbero essere utilizzate contro di essa o avere un impatto sulla condanna o sulla sanzione

La Corte ha sottolineato che la conoscenza di tali informazioni potrebbe influenzare le decisioni investigative e processuali, inclusa la valutazione della pericolosità sociale, l’applicazione di misure cautelari, l’ammissione di circostanze attenuanti o la decisione sulla sospensione condizionale della pena.

Pertanto, al fine di garantire una tutela effettiva del diritto al silenzio, è necessario che l’imputato venga esplicitamente informato della facoltà di non rispondere anche a queste domande. Inoltre, nel caso in cui l’imputato risponda in modo falso a tali domande senza essere debitamente avvertito di tale facoltà, non dovrebbe essere punito per tale condotta.

Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nella salvaguardia dei diritti dell’imputato e rafforza il principio fondamentale del diritto al silenzio come parte integrante del diritto di difesa.

Come professionisti legali esperti in diritto penale e procedura penale, siamo pronti a fornire consulenza personalizzata e a supportarti nel comprendere appieno le implicazioni di questa decisione e a garantire una difesa adeguata per coloro che si trovano coinvolti in procedimenti penali, tutelando il diritto al silenzio e le garanzie costituzionali che ne derivano.

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