Punti chiave:
- La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 629 del codice penale, criticando la mancanza di flessibilità nella pena per reati di lieve entità.
- La decisione è stata presa in seguito a questioni sollevate dai Tribunali di Firenze e Roma, che hanno affrontato casi di estorsione di lieve entità.
- La sentenza richiede una valutazione del trattamento sanzionatorio dell’estorsione, per garantire una giusta proporzionalità tra la pena inflitta e la gravità del reato.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza 15 giugno 2023, n. 120, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 del codice penale per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
La disposizione in questione non prevede la riduzione della pena inflitta per reati di lieve entità, limitandosi a stabilire una pena fissa.
La Corte ha affermato che tale mancanza di proporzionalità e flessibilità nel sistema sanzionatorio costituisce una violazione dei principi costituzionali.
Questioni di legittimità costituzionale dell’art. 629 del codice penale sollevate dai Tribunali di Firenze e Roma
La decisione della Corte Costituzionale è il risultato di due ordinanze dei Tribunali ordinari di Firenze e Roma. Il Tribunale di Firenze, con l’ordinanza numero 91 del 2022, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 629 del codice penale, facendo riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione italiana.
Allo stesso modo, il Tribunale di Roma, con l’ordinanza n. 126 del 2022, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale riguardanti gli stessi parametri, oltre al primo comma dell’art. 27 della Costituzione.
Entrambi i Tribunali si sono ritrovati a giudicare casi di estorsione, uno nella forma semplice e l’altro aggravata dalla pluralità di persone.
I reati riguardavano situazioni in cui le vittime erano state costrette a pagare somme di denaro per recuperare beni sottratti loro, come un telefono cellulare e le chiavi di un motociclo.
I giudici a quibus hanno ritenuto che tali fatti di estorsione fossero di lieve entità, considerando la natura estemporanea delle condotte, l’esiguità del danno patrimoniale e del lucro, nonché la scarsa incidenza della minaccia di perdita definitiva del bene.
Tuttavia, i giudici si sono lamentati del fatto che la severità della pena minima prevista dalla legge impedisca loro di irrogare una sanzione penale proporzionata al valore effettivo del fatto, al netto dell’applicazione delle attenuanti previste dalla legge.
In particolare, hanno sottolineato la mancanza di un’attenuante di lieve entità per il reato di estorsione, chiedendo un intervento della Corte Costituzionale per colmare questa lacuna normativa.
Sentenza della Corte Costituzionale n. 68 del 2012 sull’attenuante di lieve entità nel sequestro di persona a scopo di estorsione
Prima di addentrarci nel merito del reato di estorsione, è opportuno richiamare la sentenza n. 68 del 2012 emessa dalla Corte Costituzionale riguardante il sequestro di persona a scopo di estorsione.
In tale pronuncia, la Corte riconobbe la necessità di introdurre una valvola di sicurezza, rappresentata dall’attenuante di lieve entità, al fine di garantire una maggiore proporzionalità tra la pena inflitta e la gravità effettiva del reato.
Ciò fu dettato dalla considerazione che il sequestro estorsivo, pur avendo subito un inasprimento delle sanzioni a causa del suo impiego da parte della criminalità organizzata, poteva coinvolgere episodi con diverso grado di disvalore criminale
Analogie tra estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione
È interessante notare come l’estorsione e il sequestro di persona a scopo di estorsione presentino affinità significative non solo in termini di oggettività giuridica, ma anche nel trattamento sanzionatorio che hanno subito nel corso dell’evoluzione normativa.
Pertanto, risulta opportuno estendere al reato di estorsione la medesima valvola di sicurezza introdotta dalla sentenza n. 68 del 2012 per il sequestro estorsivo.
Entrambi i Tribunali di Firenze e Roma, nelle loro rispettive ordinanze, fanno riferimento alla suddetta sentenza, sebbene con formulazioni leggermente diverse. Tuttavia, l’intento comune è quello di richiedere l’applicazione dell’attenuante di lieve entità introdotta dalla sentenza stessa, la quale trova riscontro nell’art. 311 del codice penale.
La giurisprudenza di legittimità ha individuato specifici indicatori per l’attenuante di lieve entità nel sequestro estorsivo, quali la caratteristica estemporaneità dell’azione criminosa, la limitata lesione personale inflitta alla vittima, l’esiguità delle somme estorte e l’assenza di elementi organizzativi.
Questi elementi risultano coerenti con la natura oggettiva del reato di estorsione, confermando l’adeguatezza dell’applicazione dell’attenuante di lieve entità anche in tale contesto.
Pertanto, in considerazione di quanto esposto, si rende necessaria un’attenta valutazione del trattamento sanzionatorio del reato di estorsione, al fine di garantire una giusta proporzionalità tra la pena inflitta e la gravità effettiva del fatto commesso.
La Sentenza 15 giugno 2023, n. 120 della Corte Costituzionale
In Conclusione gli indici dell’attenuante di lieve entità del sequestro estorsivo individuati dalla giurisprudenza di legittimità nell’estemporaneità della condotta, scarsità dell’offesa personale alla vittima, esiguità delle somme estorte e assenza di profili organizzativi (Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 22 febbraio-20 aprile 2017, n. 18981) risultano coerenti con la fisionomia oggettiva del delitto di estorsione.
Essi garantiscono che la riduzione della pena – in misura non eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell’art. 65, primo comma, numero 3), cod. pen. – sia riservata alle ipotesi di lesività davvero minima, per una condotta che pur sempre incide sulla libertà di autodeterminazione della persona.
Tutto ciò considerato la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 cod. pen. per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.